COLORI E SUPERFICI: UNA RELAZIONE COMPLESSA E DINAMICA

I colori hanno infinite capacità di caratterizzare e trasformare gli ambienti e gli oggetti. Gli effetti che producono dipendono dalla loro combinazione, dalla loro gradazione e tonalità, dalla forma del supporto su cui vengono applicati e dalla luce che li illumina. Per capire una relazione così complessa è indispensabile conoscere bene il colore.

COS’E’ IL COLORE? LA RISPOSTA DELLA FISICA

Il colore è un elemento fondamentale della vista umana: facilita la percezione della realtà e inoltre costituisce un ottimo strumento espressivo.

Secondo la fisica, il colore è un fenomeno elettromagnetico caratterizzato da precise lunghezze donda (cioè la distanza percorsa da un’onda sinusoidale in un certo tempo) rispetto alla luce.

Questo perché si è scoperto che il colore deriva dalla luce: il primo a dedurlo fu Leonardo da Vinci, ma solo nel 1666 Isaac Newton lo dimostrò scientificamente facendo passare un raggio di luce bianca attraverso un prisma di cristallo. Il fenomeno che ne derivò fu la scomposizione della luce in una successione di raggi colorati con frequenze elettromagnetiche differenti. Questi raggi si dispongono in una sequenza ben precisa formando quel che chiamiamo “arcobaleno”: rosso (lunghezza d’onda maggiore), arancione, giallo, verde, blu, indaco e viola (lunghezza d’onda minore) con sfumature tra un colore e l’altro.

 

IL COLORE COME “INVENZIONE” DEL NOSTRO CERVELLO?

In tempi decisamente più recenti, le neuroscienze hanno affermato e dimostrato che i recettori collocati all’interno dei nostri occhi sono sensibili a tre diverse lunghezze d’onda: quelle corrispondenti ai colori blu-viola, ai verdi e ai rossi. A loro volta, questi recettori, stimolati dalle relative onde elettromagnetiche, mandano un segnale al nostro cervello che traduce gli impulsi in ciò che noi definiamo “colori”. Seconda questa teoria si potrebbe persino affermare che è il nostro sistema percettivo a creare il colore!

Il nostro occhio, però, non è in grado di percepire un colore dalla sua osservazione isolata: questo fenomeno si chiama principio di relazione. La percezione del colore, infatti, ha origine dalla luce che colpisce la superficie degli oggetti trattenendo alcune frequenze luminose e riflettendone altre. Vediamo un certo colore perché parte della radiazione riflessa dalla superficie dell’oggetto raggiunge i nostri occhi. Facciamo un esempio: i papaveri rossi assorbono i raggi elettromagnetici di tutte le lunghezze d’onda eccetto quelli corrispondenti al colore rosso. Onde di questa lunghezza vengono riflesse, facendo sì che l’occhio veda il colore rosso quando lo raggiungono.

Nel caso di una superficie bianca, invece, vengono riflesse tutte le radiazioni che riceve, mentre se è nera le assorbe tutte.

COLORI PRIMARI E SECONDARI

Esistono colori “puri”, la cui combinazione determina la creazione di tutti gli altri. Negli ultimi decenni, grazie all’industria chimica, si è arrivati a definire in modo preciso e oggettivo i 3 colori primari pittorici: magenta, blu-ciano e giallo-cadmio chiaro.

E’ quindi divenuto indispensabile misurare il colore, cioè acquisire la quantità di luce irradiata, trasmessa o riflessa da una campione di colore per poi quantificarla in forma di dati univoci, oggettivi e ripetibili. La “colorimetria” è la scienza e la tecnica che si occupa di misurare le sensazioni luminose prodotte dai colori in base all’intensità della luce che li colpisce.

Gli strumenti di misurazione del colore sono utilizzati in molti settori, tra cui elettronica, beni di consumo, prodotti tessili e abbigliamento, alimenti, fotografia, vernici, materie plastiche e persino prodotti farmaceutici.

Per colorare un materiale si usano i cosiddetti “colori pigmento”, la cui caratteristica è che più i colori vengono sommati (per ottenere quelli desiderati), minore sarà la chiarezza dei risultanti. Nel caso dei fasci luminosi accade l’esatto contrario.

Il bianco, il nero e il grigio sono definiti colori neutri o acromatici. La sovrapposizione dei tre colori pigmento primari dà origine ad un colore molto simile al nero.

Nel 1961, Johannes Itten ha visualizzato e riassunto le leggi strutturali che costituiscono la base della teoria del colore, rappresentandole in un cerchio cromatico. La Sfera di Itten è una rappresentazione grafica di tutte le possibili mescolanze di colore, li classifica e li ordina in base al loro grado si saturazione e di chiarezza senza tener conto della loro luminosità.

La scala luminosa dei colori pigmento è stata invece fissata da J. W. Goethe già alla fine del XVIII secolo.

 

INFLUENZE ESTERNE SULLA PERCEZIONE DEL COLORE

La percezione del colore di un oggetto è determinata da molti fattori: dal colore locale, ossia dal colore specifico della sua superficie; dal colore tonale, ossia dalle alterazioni del colore dovute agli effetti di luci e ombre; dal colore ambientale, ovvero dai colori riflessi sull’oggetto dalle superfici degli elementi che lo circondano.

Ogni colore cambia anche secondo la materia da cui è costituito e secondo la natura della superficie che lo accoglie. Una superficie liscia e lucida riflette la luce dando al colore un effetto di brillantezza, mentre una superficie ruvida gli conferisce un effetto di morbidezza.

Altri fattori che modificano la percezione del colore sono costituiti dalle dimensioni delle superfici colorate, dal colore della fonte luminosa, dall’intensità della luce e dagli effetti dell’atmosfera tra l’occhio e l’oggetto.

La nostra percezione del colore è quindi talmente influenzata dai fattori esterni al punto che al cambiare della luce, i colori degli oggetti si alterano. Dunque, poiché i colori provocano effetti ottici sugli spazi nei quali sono applicati, è necessario tenerne conto in base all’effetto che si desidera ottenere in un ambiente.

 

EFFETTO LUMINOSO DEI COLORI

ovvero la variazione delle tonalità del colore per effetto della luce naturale e artificiale.

I colori che alla luce artificiale mantengono la loro qualità e tonalità e non diventano più scuri o direttamente scuri, sono quelli da preferirsi poiché assicurano che produrranno lo stesso effetto sia che vengano colpite da luce naturale che da luce artificiale.

Al contrario, i colori che sotto la luce artificiale hanno una resa diversa, sono da evitare per non incorrere in eventuali “stonature” e differenze che si possono presentare nell’insieme a lavoro ultimato.

RIFLESSO DELL’AMBIENTE ESTERNO

Un fattore che non sempre viene tenuto in considerazione, riguarda la capacità che il colore predominante dall’esterno possa incidere su quello scelto per gli interni, modificandolo o comunque influenzandolo. I riflessi provenienti dall’esterno vanno eventualmente sfruttati per ottenere effetti particolari. Nel caso in cui si desideri annullarli, è opportuno utilizzare colori complementari che li contrastino e li annullino.

 

L’INFLUENZA DELLE SUPERFICI DI APPLICAZIONE

L’effetto del colore e della sua luminosità varia in base alle superfici su cui viene applicato e alle proprietà riflettenti delle stesse.

  • Le superfici opache disperdono la luce in tutte le direzioni;
  • Le superfici lucide riflettono la luce verso direzioni precise e nette a seconda della loro lucentezza. Inoltre, su una superficie lucida i colori appaiono più brillanti e meno piatti.
  • Una superficie “specchiante” riflette la luce e risulterà più lucente;
  • Una superficie ruvida renderà il colore più opaco e meno adatto ad ottenere effetti particolari.

Inoltre, a parità di superficie e di applicazione, un colore può apparire diverso in base alla modalità con cui viene applicato. Ad esempio, i colori piatti e opachi ottenuti con idropittura tradizionale incupiscono e ridimensionano l’ambiente evidenziandone i difetti.

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